
45 milioni di iscritti in tutto il globo.
Un valore stimato di circa 10 miliardi di euro.
L’aspirazione di essere brand trainante di un mercato – quello basato sull’economia circolare – destinato a diventare due volte più grande del settore fast fashion entro il 2030.
Sembrerebbe quasi di parlare di un colosso del calibro di Ebay, e invece ci riferiamo ai dati stimati di Vinted a fine dicembre dello scorso anno.
11 milioni di utenti acquisiti soltanto nel 2021.
Vinted vanta un’ascesa impressionante, tanto da far impallidire non solo i brand che la moda la creano, ma anche diretti competitor ben più blasonati fino a non troppo tempo addietro (Depop e Vestiaire Collective su tutti).
E pensare che solo due anni fa l’app, nata nel 2008 in Lituania (luogo che mai faremmo collimare con la parola fashion, quindi figuriamoci tech), sembrava destinata a scomparire.
Cosa è successo? Da dove nasce l’improvvisa Vinted-mania?
Scopriamolo assieme.

L’applicazione per la compravendita di abiti e oggetti di seconda mano risponde a ben 4 esigenze dei consumatori, che proveremo ad analizzare qui di seguito:
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Disfarsi di ció che appesantisce
Partiamo dall’aspetto più filosofico della faccenda. Come dichiara un aforisma di ignota provenienza scovato su Google “Il tempo dissolve il superfluo e conserva l’essenziale”.
La pandemia ha esacerbato la necessità di provare a vivere un’esistenza più leggera, in ottica di non soccombere di fronte alle attuali restrizioni e barriere che non permettono più di affrontare il mondo come lo facevamo “prima”, ovvero fino al 2019 anche se sembra di parlare del secolo scorso.
A causa di questa necessità affermatasi su scala mondiale, c’è chi addirittura è arrivato a mollare il lavoro (negli USA è diventato un fenomeno di massa) e chi si è accontentato di qualcosa di più semplice.
Come ad esempio dare una ripulita ad armadi e mobili e vendere tutto su Vinted.

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Economia circolare mon amour
Sì, anche in questo caso il Covid ci ha messo del suo.
Mai come in tempi duri, come ad esempio lo furono le guerre (ma anche una pandemia di certo non guasta), il sistema che prevede che i consumatori siano al tempo stesso acquirenti e fornitori di beni diventa tassello fondamentale del funzionamento del mercato.
Il second-hand è poi per sua stessa natura un fenomeno che aiuta a superare l’incertezza economica, creando nuove opportunità sia di guadagno ma anche di risparmio.
Pare inoltre essere una formula di successo intergenerazionale: stando infatti ad un recente studio di BVA Doxa, la compravendita di beni di seconda mano in Italia riscuote consensi in particolar modo tra le giovani famiglie della fascia 35-45 anni, ma anche nella Gen Z (il paradosso dei nativi digitali è che amano il “vintage”) e tra i baby boomer, al momento i più attivi venditori su Vinted.
Il ritorno alla ribalta dell’economia circolare trova le sue radici ovviamente anche nell’attualissima sensibilità nei confronti del cambiamento climatico, ma ne parliamo meglio nel prossimo punto.

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Un gesto per il pianeta
Ok quindi la crisi economica e sociale, ma anni di discorsi sull’impatto ambientale (disastroso) dell’industria della moda hanno aiutato a creare una nuova e condivisa consapevolezza sul potere dell’economia circolare per ridurre sprechi ed emissioni.
Mai sentito nominare il motto “Reduce, Reuse, Recycle”?
Scommetto di sì.
Per quanto molti big brand fashion si facciano fregio di star rielaborando le proprie produzioni in ottica di renderle più sostenibili, con trovate di marketing spesso passabili di greenwashing e poco più, l’industria della moda genera ancora oggi circa 20 milioni di tonnellate di rifiuti ogni anno ed è responsabile di oltre il 10% dei gas serra.
Un disastro ambientale che non può più essere ignorato, e che potrebbe essere superato sostituendo il modello prendi-consuma-butta con un modello recupera-ricicla-riusa.
Ed è qui che app come Vinted entrano in campo.

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Un po’ di “FOMO” qua?
Non ci soffermeremo troppo su questo punto, ma mentiremmo se affermassimo di non averci pensato nemmeno un po’.
La Fear Of Missing Out è sicuramente una delle leve su cui chi lavora nel marketing ha fatto più affidamento negli ultimi anni, e ha creato “mostri” di enorme portata come il recente Clubhouse.
Certo, Vinted ha degli ottimi pregi: è semplicissima da usare, non pretende (al momento) commissioni su chi vende, le spese di spedizione sono basse e tutte a carico del destinatario, ci si scovano capi incredibili in vendita a prezzi ridicoli, ha una configurazione da social media molto friendly e informale.
Ma non è che l’ansia sociale scaturita dal non utilizzare l’app sulla bocca di tutti ne abbia fatto aumentare a dismisura i download?
Quel che è certo è che lo slogan “Non lo metti? Mettilo in vendita” fino a qualche anno fa non compariva così spesso nei nostri radar.

Io su Vinted ci sono eccome, e ho anche fatto ottimi affari: vale lo stesso per te?